Kangchenjunga
"Cinque Tesori della Grande Neve"
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Il Kangchenjunga (8586 metri) è la terza vetta più alta al mondo, il primo ottomila ad est dell’Himalaya, situato al confne tra Sikkim e Nepal. È un massiccio molto sviluppato,con quattro cime distinte di ottomila metri: l’occidentale Yalung Kang di 8505 metri, la vetta principale (8586 metri), la centrale (8482 metri) e la meridionale (8473 metri). Dal massiccio scendono cinque grandi ghiacciai, ai quali probabilmente si riferisce il significato tibetano del nome della vetta: “Cinque Tesori della Grande Neve”. Queste imponenti masse di ghiaccio sono: a nord il ghiacciaio Kangchenjunga, ad est Zemu, a sudest Talung, a sudovest Yalung ed a ovest Ramtang, sopra il quale domina il massiccio settentrionale Kangbachen.
Grazie alla buona ubicazione (a poca distanza da Darjeeling dove è stata condotta la ferrovia molto tempo prima) questo monte suscitava l’interesse degli alpinisti già negli ultimi anni dell’Ottocento. La prima seria esplorazione fu compiuta dal francese Jacot Guillarmod nel 1905 dalla parte del Nepal, nonostante l’isolamento politico di questo paese, a quel tempo ufficialmente chiuso agli stranieri. Il primo vero attacco al monte ebbe luogo dalla parte del Sikkim nel 1929, quando la spedizione tedesca giunse all’altezza di 7200 metri, sul così detto Sperone Est. Nel 1930 il monte fu attaccato da nord-ovest, dalla parte del ghiacciaio Kangchenjunga, dalla spedizione di G. O. Dyhren-furth, che arrivò fno a 6400 metri sullo sperone Nord-Ovest. Nel 1931 la seconda spedizione di Bauer giunse a quota 7700 metri sullo Sperone Est. La lotta per il monte, durata mezzo secolo, costò la vita di 9 persone.
Dopo la guerra - grazie all’apertura del Nepal - iniziò l’intensa esplorazione del monte dal versante sud-ovest, che comprendeva la valle e il ghiacciaio Yalung. Proprio da questa parte, nella primavera del 1955, la spedizione inglese guidata da Charles Evans conquistò il Kangchenjunga. Il 25 maggio 1955 2 salirono in cima George Band e Joe Brown, ed un giorno dopo Norman Hardie e Tony Streather. La via dei conquistatori era una scalata su ghiaccio fno alla cresta di vetta. Prima portava lungo il ghiacciaio pensile, poi attraverso la barriera di ghiaccio che passava sulla parete sudovest, per fnire sulla faticosa cresta rocciosa della vetta. Per rispetto delle credenze degli abitanti nella protezione delle divinità, gli alpinisti non salirono esattamente sulla vetta, ma si fermarono nella sua vicinanza. Durante la spedizione si utilizzò l’ossigeno, assunto durante il sonno.
La successiva salita alla cima avvenne 22 anni dopo, quando l’indiano Prem Chand e Nima Dorjee salirono attraverso lo sperone est, dalla parte del ghiacciaio Zemu. Precedentemente erano state poche le salite alla cima occidentale. La spedizione giapponese del 1973 (Yuataka Ageta e Takao Matsuda, da sud, con capo spedizione Eizaburo Nishibori) le diede il nome di Yalung Kang. Nel 1974 i cinque polacchi della spedizione guidata da Piotr Młotecki ne conquistarono la sua parte occidentale Kangbachen. Piotr Młotecki fece pure da capo spedizione nel 1978, e fece le prime salite alla cima sud e centrale del Kangchenjunga (Eugeniusz Chrobak, Wojciech Wróź nonché Andrzej Heinrich, Wojciech Brański e Kazimierz Olech).
Di grande successo sportivo fu la via con la quale, nella primavera del 1979 Peter Boardman, Doug Scott e Joe Tasker raggiunsero la cima principale del Kangchenjunga, in stile alpino, senza ossigeno. Un anno dopo fu conquistata la parete nord attraverso le così dette tre terrazze (furono i giapponesi Ryoichi Fukada, Haruichi Kawamura, Naoe Sakashita).
La via di salita